Latest Entries »

Nel corso degli Esercizi spirituali al Pontefice e alla Curia Romana, martedì 27 febbraio, il Cardinale Giacomo Biffi ha riflettuto su “L’ammonimento profetico di Vladimir S. Solovev”. (cosa che, ricordiamo, fece già alcuni anni orsono n.d.r.)

Facendo riferimento in particolare all’opera del filosofo russo “I tre dialoghi e il racconto dell’anticristo”, l’Arcivescovo emerito di Bologna ha ricordato che “l’anticristo si presenta come pacifista, ecologista ed ecumenista. Convocherà un Concilio ecumenico e cercherà il consenso di tutte le confessioni cristiane concedendo qualcosa ad ognuno. Le masse lo seguiranno, tranne dei piccoli gruppetti di cattolici, ortodossi e protestanti”.

Secondo la sintesi del discorso del porporato offerto dalla “Radio Vaticana”, il Cardinale Biffi avrebbe spiegato che “l’insegnamento lasciatoci dal grande filosofo russo è che il Cristianesimo non può essere ridotto ad un insieme di valori. Al centro dell’essere cristiani c’è infatti l’incontro personale con Gesù Cristo”.

“Verranno giorni in cui nella cristianità si tenterà di risolvere il fatto salvifico in una mera serie di valori”, ha scritto nella sua ultima opera nell’anno 1900 il filosofo russo Vladimir Solovev, che con grande acume aveva profetizzato le tragedie del XX secolo.

Nel “racconto breve dell’Anticristo” Solovev scrive che “Incalzati dall’anticristo, quel piccolo gruppetto di cattolici, ortodossi e protestanti risponderanno all’anticristo: ‘Tu ci dai tutto, tranne ciò che ci interessa, Gesù Cristo’”.

Per il Cardinale Biffi questo racconto è un ammonimento. “Oggi, infatti, corriamo il rischio di avere un Cristianesimo che mette tra parentesi Gesù con la sua Croce e Risurrezione”.

L’Arcivescovo emerito di Bologna ha spiegato che se i cristiani si “limitassero a parlare di valori condivisibili saremmo ben più accettabili nelle trasmissioni televisive come nei salotti. Ma così avremmo rinunciato a Gesù, alla realtà sconvolgente della Risurrezione”.

Per il Cardinale Biffi è questo il “pericolo che i cristiani corrono nei nostri tempi”, perché “il Figlio di Dio, non è traducibile in una serie di buoni progetti omologabili con la mentalità mondana dominante”.

“Tuttavia – ha precisato il porporato – tutto ciò non significa una condanna dei valori, che tuttavia vanno sottoposti ad un attento discernimento. Ci sono, infatti, valori assoluti come il bene, il vero, il bello. Chi li percepisce e li ama, ama anche Cristo, anche se non lo sa, perché Lui è la verità, la bellezza, la giustizia”.

Il Predicatore degli Esercizi spirituali per la Quaresima di quest’anno ha quindi precisato che “ci sono valori relativi come la solidarietà, l’amore per la pace e il rispetto per la natura. Se questi si assolutizzano, sradicandosi o perfino contrapponendosi all’annuncio del fatto salvifico, allora questi valori diventano istigazioni all’idolatria e ostacoli sulla strada della Salvezza”.

In conclusione, il Cardinale Biffi ha affermato che “se il cristiano per aprirsi al mondo e dialogare con tutti, stempera il fatto salvifico, preclude la sua connessione personale con Gesù e si ritrova dalla parte dell’anticristo”.

Sull’anticristo e sul romanzo di Solovev, il Cardinale Biffi aveva già svolto una dettagliata relazione il 4 marzo del 2000 in una conferenza organizzata dal centro Culturale E. Manfredini e dalla Fondazione Russia Cristiana. Il testo del suo intervento è stato poi riportato per intero nel libro “Pinocchio, Peppone, l’Anticristo” (Cantagalli 2005).

In quell’intervento Ricordando le parole profetiche del filosofo russo, il Cardinale di Bologna aveva detto: “Soprattutto è stupefacente la perspicacia con cui (Solovev) descrive la grande crisi che colpirà il cristianesimo negli ultimi decenni del Novecento, crisi che Soloviev vede come l’Anticristo che riesce a influenzare e a condizionare un pò tutti, quasi emblema, ipostatizzazione della religiosità confusa e ambigua di questi nostri anni”.

“L’Anticristo – proseguiva – sarà ‘convinto spiritualista’, un ammirevole filantropo, un pacifista impegnato e solerte, un vegetariano osservante, un animalista determinato e attivo”.

E ancora, ironizzava il Cardinale Biffi, quell’Anticristo sarà “anche un esperto esegeta: la sua cultura biblica gli propizierà addirittura una laurea honoris causa a Tubinga. Soprattutto, si dimostrerà un eccellente ecumenista, capace di dialogare ‘con parole piene di dolcezza, saggezza ed eloquenza’".

La Ricerca della Felicità

VOTA LORENZO GASPERINI!

VOTA:
SINDACO: PAOLO BARABINO
CONSIGLIERE COMUNALE: LORENZO GASPERINI
 
Non importa come la pensi, che t sia di destra o di sinistra. Conta una cosa sola: che tu voglia porti in continuità con questi 60 anni di amministrazione della città, o in discontinuità.
Si deve solo valutare se finora Cecina sia stata amministrata bene o no. Se sì, vota PD, se no vota la Lista Civica "La Città per la Città".
E’ questa la nostra idea: rivedere la macchina amministrativa, ridare un senso alla politica, investire i soldi nel modo giusto, evitare ogni spreco, in una parola: CAMBIARE.
Abbiamo deciso di fare una lista civica perchè crediamo che non c’entrino le idee politiche, e che la propria città stia a cuore a tutti, indipendentemente da come la si pensi. Siamo in una piccola città, l’ideologia non c’entra.
Nella nostra lista non abbiamo tutti la stessa idea politica, ma tutti un’obiettivo comune: far ripartire Cecina.
Il Pdl e la Lega hanno deciso di convogliare i loro voti sul nostro candidato sindaco.
A noi non può che fare piacere, che qualcuno voglia aiutarci per il cambiamento. Indipendentmente dalle idee della Lega o del Pdl. Siamo tutti cittadini allo stesso modo. Tutti stanchi di vedere una città che non funziona come dovrebbe.
 
Noi non vogliamo convincere nessuno o convertire alle nostre idee; ti diciamo semplicemente: se vuoi continuare così vota PD, se vuoi cambiare vota La Città per la Città. Semplicemente partendo dall’idea che hai sul funzionamento della nostra città. Nessun convincimento, nessuna conversione, nessun martellamento d’opinione. Solo un voto secondo coscienza. Magari ci sbagliamo, magari Cecina è perfetta così. A noi non sembra, ma saranno gli elettori a dirci se abbiamo ragione, o se abbiamo solo visto male.
Il 7 e l’8 giugno
PUOI VOTARE PAOLO BARABINO SINDACO
 
Io sarò candidato come consigliere comunale della stessa lista. Sulla scheda troverai due spazi per votare: uno per il nome del sindaco e uno per il nome del consiglere comunale.
 
Ciao!
 
Lorenzo

Azione Cattolica Italiana

Presidenza nazionale

 

Movimento Studenti di Azione Cattolica

 

La scuola in testa!

24-26 Aprile 2009

Castellammare di Stabia 

 

 

Programma

 

Venerdì 24 Aprile

dalle 16.00 arrivi e accoglienza
18.00 Liturgia d’accoglienza

19.00 Saluti d’ingresso

19:30 Cena

21:00 “Dalla protesta alla proposta”. Due chiacchiere sugli stili di partecipazione studentesca con David Sassoli, giornalista del TG1*

 

Sabato 25 Aprile
08.30 Lodi

09.00 Asta di cantiere: Assaggio delle tematiche che verranno affrontate durante la giornata

09.45 “Il cantiere della scuoladivisione in laboratori di approfondimento guidati da tecnici ministeriali sui seguenti temi:

ORGANI COLLEGIALI

DIRITTO ALLO STUDIO

DIDATTICA

11.45 Gruppi di lavoro per l’elaborazione di proposte sulle tematiche

13.30 Pranzo

15.00 Ritorno ai gruppi di lavoro

16.30 “Il forum di cantiere” Condivisione del lavoro e delle proposte all’interno dei tre cantieri tematici

18.00 “question time” Dialogo con membri della commissione cultura della Camera dei Deputati

20.00 Cena

21.30 serata di preghiera e di festa

 

Domenica 26 Aprile

08.30 Lodi

09.00 Saluto di Franco Miano, presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana
10.00
“buongiorno ministro!” Presentazione dei risultati dei laboratori al Ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini

12.00 Celebrazione Eucaristica presieduta da S.E. Mons. Domenico Sigalini, assistente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana

13.00 pranzo

a seguire: partenze

La Bellezza della Realtà

La Bellezza della Realtà    di Lorenzo Gasperini

La politica non interessa più ai giovani. Basta andare nelle scuole per rendersi conto che le cose, da come erano negli anni ’60 e ’70, sono veramente cambiate.

E’ mutato il modo di avvicinarsi alle idee stesse. O, meglio, di non avvicinarvisi. Si potrebbe quindi parlare di “de-ideologizzazione”: e invece no. La strapoliticizzazione della gioventù, durata fino a non molti tempo fa, e il disinteresse odierno hanno, in realtà, origini comuni. Cercando infatti di entrare in profondità nella problematica, per capire i perché del disinteresse giovanile, si vengono a delineare due cause di notevole importanza: una propria della politica in sé, l’altra presente invece nei soggetti che si rapportano ad essa (i ragazzi). La politica è infatti, oggi, astrazione, ideologia, sofisma, utopia. Se, come denotava Marsilio da Padova nel 1324 nella sua opera “Defensor Pacis”, riprendendo una concezione già di Aristotele, lo stato nasce come aggregazione di uomini con lo scopo di “migliorare” le cose, di “prendere il reale” e migliorarlo, garantendosi reciproci diritti e incentivando ciò che, da soli, “riuscirebbe peggio”, allora esso non si genera a partire da idee o ambizioni filosofiche, ma dalla semplice constatazione che gli uomini fanno di riuscire meglio nelle imprese, individuali come collettive, se si mettono insieme. Lo stato e, dunque, la politica hanno in sé una forte connotazione realistica. Non è un caso che l’idea di fondo del “Defensor Pacis” fosse vista proprio l’antitesi di una concezione medievale che guardava al potere come ad un “male minore”, necessario in virtù del peccato originale che ha corrotto il mondo. Realtà vs astrazione, dunque. La politica di oggi è astrazione; essa ha perso al sua qualità costituente e necessaria che è il realismo. Tutto è diventato ASTRATTO. Tale è la connotazione dell’ideologia. L’uomo non guarda più dentro di sé e fuori di sé, agendo di conseguenza, ma stabilisce categorie sistematiche che valgono assiomaticamente per qualsiasi argomento. Alcuni esempi? “Tutto il male del mondo viene dal denaro”; “La Chiesa è sempre e solo inganno”; “Libertà significa poter fare qualsiasi cosa, indistintamente”. Questa politica che non parte dalla realtà si presenta, quindi, non conforme al cuore umano, che è poi la realtà più vera e profonda, e i giovani stentano a seguirla, perché procede secondo linee che essi non ritrovano in sé, secondo risposte che non dicono nulla ai desideri REALI che essi hanno. L’interesse per le argomentazioni sulla realtà necessita della corrispondenza tra tale argomentazione e la realtà stessa. Ma, paradossalmente, l’“irrealismo”, o idealismo, è presente nei giovani stessi, ed ecco la seconda causa. L’ideologizzazione delle masse e, quindi, anche dei giovani, ha generato un’incapacità delle persone di accostarsi realisticamente alle cose. Ogni pretesa di realismo si rivela, dunque, vana e viene meno, così, la politica stessa, che è, come già detto, argomentazione del reale. I giovani non sanno più vedere e sentire le cose come esse sono, ma vi si avvicinano con strutturali pregiudizi, senza ottenere così alcun risultato appagante. Per pregiudizi non intendo solo quelli oramai riconosciuti tali da tutti, come i tipici razzismo e xenofobia, ma anche quelli che minano nascostamente il nostro essere, ad esempio il pensare A PRIORI che tutto si spieghi entro i ristretti limiti del nostro pensiero, che la realtà possa essere “pressata” dentro i contenitori artificiali dell’utopia. E così non si conosce più la bellezza dei fiori e dei tramonti, e quel valore grande che diamo magari ad una collana che ci ha regalato il nonno quando eravamo piccoli, e che risulta formata dagli stessi protoni , neutroni ed elettroni di qualsiasi altra cosa. Hanno rivelato recenti interpretazioni-traduzioni del titolo dell’acquaforte/acquatinta di Goya (tradotto abitualmente con la parola “sonno”), che il pittore ebbe a intitolarla “Il sogno della ragione genera mostri”, riferendosi alla Rivoluzione francese [si noti l’omonimità di “sonno” e “sogno” in lingua spagnola (sueño)]. Certo, si deve “rendere ragione” di tutto, ma ciò è diverso dal “dover dimostrare” tutto. E così la ratio, a un certo punto, si inginocchia a qualcosa di più grande. Ma essendo questo inginocchiamento un atto della ragione stessa, è esso un atto che “rende ragione”.

Non siamo quindi di fronte ad una negazione della razionalità, ma alla sua più grande coerenza, che è libertà dal pregiudizio di credersi onnipotenti, libertà dalla menzogna delle utopie. Così la ragione si inginocchia di fronte alla pretesa degli eventi umani che gridano il rispetto dell’altro, che gridano la libertà, che gridano la presenza, nell’altro, di qualcosa che è Altro, che è REALE. E’ la sacralità della vita, la sacralità dell’individuo e dell’individualità. E’ l’impossibilità, per chi ha pretese realistiche, di isolarsi nella ragione fino a giustificare, con coerenza rispetto ad un’ipotetica ratio che è tutto, persino lo sterminio di massa o il razzismo. IDEOLOGIA è l’inganno di vedere l’altro come uno scarafaggio perché è nemico politico, senza sentire la realtà che scalpita nel nostro cuore e che ci fa percepire quanto in verità quello sia un uomo quanto noi. Scriveva il premio Nobel Alecsändr Solženicyn, deportato dei gulag russi, che […] i malvagi shakespeariani si limitavano a una decina di cadaveri: perchè mancavano di ideologia. L’ideologia! E’ lei che offre la giustificazione del male che cerchiamo e la duratura fermezza occorrente al malvagio. Occorre la teoria sociale che permette di giustificarci di fronte a noi stessi e agli altri[…] ”. L’ideologia è la risposta surrogata alla necessità di reale che l’uomo ha in sé: è la giustificazione RAZIONALE (quella razionalità che si presuppone onnipotente) a mali che l’uomo compie distaccandosi dalla realtà, che è la vera essenza della ragione. L’IDEOLOGIA è, quindi, una maschera per “ […] far diventare il dogma inespresso premessa maggiore di un sillogismo […]” (Primo Levi, premessa a “Se questo è un uomo”); è il far diventare razionalità (premessa) ciò che non viene dalla realtà. Si ricordi, a tal proposito, l’insegna che dominava l’entrata di Auschwitz: “Il lavoro rende liberi”. Essa non serviva per “invogliare” gli ebrei a entrare; sappiamo bene che vi erano costretti. Serviva, invece, a giustificare a se stessi un atto che la realtà ripudiava a gran voce nel cuore degli uomini, anche in quello dei tedeschi. Per mettere a tacere il grido reale del cuore, si usava, dunque, un sillogismo di tipo ideologico (l’unico vero tipo di dogma, o senz’altro il più subdolo): “lavoro, ergo mi libero”. Tutto questo per giustificare a se stessi il proprio male.

Che cosa dovrebbe fare allora la politica per tornare ad essere tale? Ripartire dalla realtà, da ciò che E’, è la risposta. L’ideologia ci illude oramai da tre secoli di poter creare la verità. Qui si tratta di ricominciare a servirla la verità, di ripartire dal reale, di riconoscere che, in fondo, siamo individui con una grandezza dentro, una grandezza originale e individuale. Quell’individualità che è l’anima, che è, fondamentalmente, la coscienza religiosa, la pretesa della realtà che si impone al nostro cuore, al nostro io, che non vuole piegarsi ad artificiose creazioni ideologiche. Allora ci renderemo conto che la politica davvero c’entra con l’anima, semplicemente perché c’entra con la realtà. E i giovani, attratti da una bellezza che li corrisponde, torneranno a percorrere i sentieri della politica. La sana e vera, Politica.

 

Rete 4, un caso TRAVAGLIato     di Lorenzo Gasperini

Rete4  -dicono-  è illegale. Ma è vero o no?  Beh, tra mille sentenze e decreti, non è facile saperlo. Io ci ho provato; ed ho scoperto che le cose, in fondo, non sono come i vari Travaglio di turno vogliono farci credere. Iniziamo. Il cosiddetto Lodo Maccanico, negli anni ’90, stabilisce che in Italia non possano appartenere allo stesso proprietario più del 20% reti terrestri a frequenza nazionale (ergo 1,6  da arrotondare a 2). Segue, nel ’99 un appalto per l’assegnazione delle frequenze, vinto da 8 emittenti TV, tra cui Europa7, l’unica, tra i “vincitori”, a non essere ancora in possesso di frequenze nazionali. La nuova emittente supera Rete4 per indice di qualità della programmazione.  Il governo di sinistra presieduto da Massimo D’Alema, in carica nel periodo successivo all’appalto, emana un bel decreto alla Ponzio Pilato (se ne lava le mani), affermando che Europa7 ha il diritto di trasmettere, ma non preoccupandosi affatto di attribuirgli delle frequenze per poterlo fare. E’ come se ti dessero il diritto di voto, ma non la penna per mettere la X sul candidato. Succede che intanto parte il progetto per la realizzazione del Digitale Terrestre anche in Italia, il quale aumenterà significativamente il numero di reti terrestri a copertura nazionale. Tale progetto vede la propria ipotetica data di realizzazione entro la fine del 2006. Così il nuovo governo Berlusconi decide, con la Gasparri 2, che rete 4 possa continuare ad esistere, in vista del digitale terrestre. Infatti il Lodo Maccanico prevedeva non più del 20% delle reti per evitare il monopolio; ma nel momento in cui si prospetta un significativo aumento delle reti, per quale motivo obbligare un’emittente a chiudere i battenti, quando poco tempo dopo risulterebbe invece perfettamente legale? Quest’informazione non è troppo citata: si preferisce affermare che il decreto fu fatto solo per salvare la rete di Silvio Berlusconi (come se fosse sua, quando invece ne possiede soltanto un terzo, come per Italia1 e Canale5). Intanto un ricorso contro lo Stato fatto giustamente da Di Stefano al Tar viene inoltrato alla Corte di Giustizia Europea, che dopo lunghe consultazioni, afferma, il 31 gennaio 2008, che Europa7 ha diritto a trasmettere nazionalmente. La sentenza non menziona mai le parole R.T.I., Mediaset, Rete4. Si tratta semplicemente di un problema fra Stato ed Europa7. Problema originatosi nel ’99 con l’appalto e il decreto D’Alema.  L’11 dicembre 2008 (ultimo governo Berlusconi già in carica) il Ministero dello Sviluppo Economico ha assegnato le frequenze VHF III a Europa 7, senza obbligare nessun emittente a chiudere. Questo perché ci si è accorti che RAI1 trasmetteva contemporaneamente su più frequenze nazionali. Ma perché questa verifica non fu fatta dall’allora governo D’Alema, in carica quando ad Europa7 dovevano essere assegnate le frequenze? Perché, allora, si accusano i governi Berlusconi, quando si tratta, invece, di inefficienze di un governo della sinistra?

Allo stato attuale, e ben pochi lo sanno, Europa7 ha in concessione l’usufrutto di frequenze VHF III nazionali, che gli stanno gradualmente aumentando la copertura geografica. E’ oramai partito anche lo switch-off dell’analogico, con la graduale conversione (regione per regione) al digitale, che consentirà ad Europa7 di coprire oltre il 90% della popolazione. Inoltre rete4 è perfettamente legale in quanto siamo in un periodo di transizione, per cui le reti nazionali aumenteranno significativamente.  La situazione, insomma, è stata sistemata; a parte il risarcimento di 1 milione di euro, stabilito dai giudici della VI sezione del Consiglio di Stato, che il governo dovrà pagare con i nostri soldi ad Europa7, semplicemente perché chi governava il Paese nel ’99 non si preoccupò di trovare una frequenza per la nuova emittente. Ma ancora ci fanno credere che la responsabilità sia di Berlusconi.

Rimane un solo dubbio: come mai tante storie per le 3 reti mediaset, e il silenzio assoluto per le 3 reti RAI? Il lodo Maccanico vale anche per le emittenti di proprietà dello Stato, tant’è che il decreto Gasparri fu denominato da Radio Radicale “Salva Rete4 e salva Rai3”. Ma, di questo, il nostro amico Travaglio, ovviamente, non ci dice nulla.

Lorenzo Gasperini

DALLE FONDAZIONI AL MERITO

       Riflessioni stra-meditate sulla Riforma Gelmini.

 

La cosiddetta riforma della scuola è senz’altro uno dei temi più dibattuti degli ultimi tempi (o comunque lo è stato fino a non molto tempo fa). Tale dibattito va a toccare tantissime problematiche, le quali non possono ovviamente essere tutte trattate in un solo articolo. Essendo profondamente convinto della necessità di una attenta rilettura dei decreti (ormai trasformati in legge dal Parlamento) da parte dei docenti italiani e, ancor di più, da noi studenti, mi sono proposto di trattare il “tema scottante”, quello più contestato e strumentalizzato, della suddetta riforma scolastica: le università-fondazioni, o, come qualcuno le ha chiamate (o volute chiamare) “università private”, commettendo un grave errore di definizione giuridica. Le università private esistono, e sono altra cosa. Ma iniziamo ad affrontare il problema. Alla situazione attuale, nella quale sappiamo essere le tasse universitarie già molto alte, sono i poveri quelli che non possono permettersi, seppur meritevoli, di accedere all’istruzione universitaria. Infatti i figli dei ricchi possono concedersi il lusso di andare avanti per anni pagando le rette, incrementando, così, la spesa universitaria complessiva dello stato (dal momento che, trattandosi di università pubblica, l’importo delle tasse universitarie non copre per intero i costi annui per studente), mentre i poveri (in particolare i veri poveri, la fascia economica più bassa), non riescono a supplire alle attuali spese di tassazione universitaria. Certo, esistono le borse di studio, ma sappiamo che esse non sono sufficienti a fronteggiare la domanda. Ciò significa che solo una parte degli aventi diritto può accedere all’istruzione mediante borse di studio, poiché esse sono molto limitate. Il resto dei posti universitari è assegnato a chi può permettersi di pagare la retta. Esiste dunque una piccola parte dei posti attribuita per merito, mentre per il resto vige una selezione meramente economica. La regione Liguria, tra l’altro guidata da una giunta a maggioranza PD, ha, per esempio, fatto un’indagine all’interno del proprio territorio, dimostrando che solo ¾ della richiesta di borse di studio era realmente soddisfatta. Nel sistema “ pre-riforma”, dunque, i dati confermano che sono i poveri quelli che non possono andare a scuola. Come supplire a questo? Garantendo borse di studio ai meritevoli. Borse garantibili solo a fronte di maggiori introiti che possono venire appunto da una maggiore tassazione, la quale viene fatta (così ha fatto la regione Liguria) ovviamente sui ricchi (o sui non meritevoli), visto che i poveri ricorreranno alla borsa di studio che potrà, finalmente, essere garantita. Aumentare le tasse universitarie per garantire a tutti il diritto di studio. Sembra paradossale, ma adesso in Liguria a scuola possono andarci tutti. Una fondazione di diritto privato è, per definizione del Codice di Diritto Privato, un ente senza scopo di lucro,  che non può, dunque, lucrare sulle proprie attività. Si intende, cioè, come recita la legge 133 stessa, che  “Non e’ ammessa in ogni caso la distribuzione di utili, in qualsiasi forma. Eventuali proventi, rendite o altri utili derivanti dallo svolgimento delle attività previste dagli statuti delle fondazioni universitarie sono destinati interamente al perseguimento degli scopi delle medesime.” Dobbiamo inoltre dire che la legge non prevede la trasformazione obbligatoria delle Università, ma lascia la possibilità di farlo ai singoli atenei. Saranno i singoli senati accademici, ergo i presidi e i professori universitari, a decidere, previo raggiungimento della maggioranza assoluta dei consensi, che cosa fare delle Università in cui lavorano. Per cui la riforma dà solo una possibilità in più su questo fronte, senza imporre niente. E’ tra l’altro da evidenziare che, nel caso in cui taluni docenti o presidi di facoltà proporranno la trasformazione, dovranno rendere conto di tale richiesta al senato accademico tutto e agli studenti, dovendo così rendere noti i bilanci in tutti i minimi dettagli. Insomma, l’improbabile trasformazione di una Università in Fondazione di Diritto Privato, porterebbe tra l’altro il vantaggio di una maggiore trasparenza. La stessa trasparenza dovrà essere presentata, d’altro canto, dai non favorevoli alla trasformazione, in maniera tale da dimostrare ai “trasformisti” che l’università così com’è non contempla sprechi di gestione.                                      Anziché perdere la voce in piazza adesso per impedire alla politica di lasciare libertà ai singoli atenei, sarebbe forse meglio risparmiare fiato per il futuro, allorché i singoli senati accademici saranno chiamati a gestire nel modo più utile e chiaro quella stessa libertà verso la quale hanno dimostrato finora evidente e immotivata avversione. 

Ma torniamo al tema centrale, quello della tassazione. L’interesse del privato nella fondazione non potrà dunque essere quello di guadagnare soldi su soldi per “camparci”, visto che il decreto e la definizione stessa di fondazione di diritto privato impediscono l’utilizzo delle rendite come redistribuzione degli utili. Essi possono solo essere “reinvestiti” all’interno della fondazione (università) stessa, per i fini della medesima. L’unico vantaggio che i suddetti privati possono avere, al di là della visibilità (come sponsor, esattamente come succede per le squadre di calcio, per cui si sponsorizza una squadra avendone in cambio solo la visibilità del marchio sulla maglietta), è quello di avere in output degli studenti PREPARATI, che siano in grado di dare il meglio, una volta laureati, all’interno delle aziende dei privati stessi, e della società. Voglio dire che se la Fiat, per fare un esempio banale e riduttivo, fa parte di una fondazione di diritto privato, può avere interesse non a dar priorità di laurea a chi “ha i soldi”, o più semplicemente a non usare criteri di sorta, ma a “creare” laureati che poi verranno assunti dalla FIAT stessa e che “sappiano lavorare bene” ed essere produttivi ed efficienti per l’azienda (e lo saranno anche se saranno assunti da altri). Ecco che possiamo sottolineare, qui, un altro aspetto; il discorso del merito e della capacità è strettamente connesso a quello lavorativo. Una  persona più preparata è anche indubbiamente più produttiva e idonea allo svolgimento del proprio mestiere rispetto ad una meno preparata. Le aziende, i privati, insomma, punterebbero, dunque, senza dubbio, sul merito, cosa che, invece, non interessa direttamente l’attuale sistema universitario. Intendo dire che, visto che abbiamo come obiettivo la “meritocratizzazione” del lavoro e del sistema, è sicuramente più proficuo che “a gestire” sia chi ha a cuore il merito e non chi dal merito non sembra essere minimamente toccato (iperbole. Ma forse nemmeno tanto). L’attuale sistema di gestione universitaria, di politici e di docenti, non premia il merito, non è incentivato a premiarlo perché non vi trova un interesse diretto (e, purtroppo si sa, spesso dove non c’è guadagno non c’è neppure impegno). I privati all’interno delle Fondazione avrebbero invece tutto il loro interesse a far sì che a raggiungere i massimi vertici dell’istruzione siano davvero, come dice la nostra Costituzione, i meritevoli. Sì, perché così avrebbero poi nelle loro imprese, nelle loro aziende, nel mondo del lavoro delle persone qualificate, che il proprio lavoro lo sappiano fare.

E non veniamo fuori dicendo che non si studia per lavorare. Lo sbocco dello studio è il LAVORO. Altrimenti perché ci lamentiamo così spesso dei precari o dei disoccupati? Giuste o sbagliate che siano tali lamentele, esse sussistono in quanto abbiamo dentro di noi ben presente il necessario collegamento fra studio e successivo sbocco occupazionale. O almeno, io sto ragionando per i poveri. Sono quelli che più di altri mi stanno a cuore. I poveri. Anzi, i poveri che si danno da fare. Forse qualcuno può ancora concedersi il lusso di studiare qualcosa SOLO per sfizio, tanto poi c’è la poltrona di papà che gli dà il lavoro. Ma la maggior parte di noi non potrà fare così. La maggior parte di noi avrà a cuore di trovarsi un lavoro, dopo aver studiato. E un sistema che sottolinei questo, un sistema dell’istruzione che incoraggi il merito e dia ai meritevoli la concreta possibilità di un lavoro, magari subito, è ciò di cui abbiamo bisogno. Non vogliamo più un sistema in cui ci laureiamo tutti, indistintamente, tranne i più poveri che non hanno borse di studio e non possono permettersi le rette universitarie, per poi ritrovarsi in miliardi di laureati e, di fronte, solo 3 posti di lavoro. A quel punto i posti sono ovviamente concessi ai più “ammanigliati”. Vogliamo essere scelti per il nostro merito, non per le conoscenze di papà, o per la tessera di partito. Vogliamo che tutti possano avere, se meritevoli, borse di studio. Ed è questo che le fondazioni, che cercano individui realmente preparati, faranno, dando la possibilità a tutti di istruirsi, se meritevoli, affinché poi nelle loro aziende ci siano persone che sappiano quello che fanno. Per garantire tali borse di studio, le fondazioni potranno anche alzare le tasse (certo, non ai livelli strumentalmente prospettati dai nemici della riforma che, investiti del dono della preveggenza, si sono spinti a supporre cifre iperboliche – fino ad 8000€ annui!-), come qualcuno dice. Ma saranno tasse che pagheranno i non meritevoli, così smetteremo noi cittadini di pagare le rette di tanti individui che stanno decenni all’Università, pagandosi magari solo metà del costo reale (e tutto il resto, lo ribadisco, lo paga lo stato, cioè noi; e loro stanno anni e anni senza far nulla). Ricordiamoci che “meritocrazia” non significa favorire ristrette èlite, ma è un modo per dare l’opportunità a tutti, indipendentemente da quanti soldi hanno mamma e babbo, di arrivare ai massimi vertici dell’istruzione e del lavoro, a condizione di un impegno . Questo ci garantisce l’articolo 34 della nostra Costituzione.

Basta con le buffonate. Basta con i poveri a casa. Basta col “tutti laureati, purché si paghi la retta base”, e il resto della spesa per mantenere la gente all’università la paga lo Stato, ovvero i cittadini con le tasse, ovvero anche quelli che all’Università non sono potuti andare perché le borse di studio erano insufficienti per garantirlo anche a loro, nonostante fossero meritevoli. Da oggi vogliamo vedere il merito. Da oggi vogliamo che sia il valore della persona a determinare la persona stessa, non il reddito di famiglia, né tantomeno certe buffonate ideologiche o “conoscenze importanti” che sempre più spesso sono alla base di qualsiasi realizzazione scolastica o professionale.

 

Lorenzo Gasperini

Carissimi giovani «maturandi»,
in prossimità dei 100 giorni dagli Esami di Maturità desidero rivolgervi il mio saluto cordiale ed esprimervi la vicinanza mia e della nostra Chiesa pisana nel momento in cui si compie anche per voi un ciclo fondamentale della vita: la conclusione della Scuola Media Superiore e l’ingresso nel mondo del lavoro o degli Studi universitari.
Tappa fondamentale perché il vostro cammino ulteriore esige scelte esigenti e per certi aspetti quasi irreversibili: non si tratta più d’ora in avanti, anche per chi continuerà negli studi, semplicemente di «andare a scuola», ma di «entrare» e spesso in maniera davvero determinante in un alveo di vita che potrà segnare definitivamente la vostra esistenza.
Per questo è importante affidare questo tempo di scelte alla materna intercessione della Vergine Maria che invochiamo sotto il titolo di «Madonna di Sotto gli Organi» che è venerata nel nostro Duomo e di guardare a Gesù come al modello della autentica maturità alla quale tutti siamo chiamati.
So che nel 100° giorno dagli Esami è tradizione passare da piazza del Duomo per girare intorno al Battistero e magari, cosa assai più difficile, per le misure di sicurezza che vengono poste in atto, andare a toccare la lucertola con due code sul portale maggiore della Cattedrale.
Il mio invito è ad entrare in Cattedrale dove alle ore 10, dopo aver ascoltato la Parola di Dio, invocherò la benedizione del Signore su tutti i presenti. Sicuramente l’affidamento al Signore e alla Madonna potrà valere molto di più di certi riti scaramantici, assai lontani dal vero senso della piena maturità che ogni persona è chiamata a raggiungere.
Maturità umana; maturità spirituale; maturità di fede, di conoscenza e di scienza; maturità nelle relazioni interpersonali e comunitarie; maturità nell’amore e nel dono di sé a Dio e ai fratelli; maturità negli affetti e nei sentimenti: sfaccettature diverse dell’unica pienezza di vita che è la maturità che possiamo imparare a vivere cercando di assomigliare sempre più alla piena statura di Cristo Signore.
Questa è la maturità che auspico con affetto per tutti e che invoco dal Signore per ciascuno di voi come dono meraviglioso, ricco di gioia e portatore di felicità vera.
Con un abbraccio cordiale
+ Giovanni Paolo, arcivescovo
   Firmate tutti la petizione contro questa vergogna, contro il più grnade sterminio della storia dell’uomo (57 milioni di aborti solo nel 2007):